Morto Pietro Pinna. Dalla sua scelta di obiezione nasce la
storia del servizio civile
Rifiutava le armi e la
divisa, ma non di adempiere al proprio dovere per lo Stato. Nel gennaio del
1949, pochi mesi dopo essere stato chiamato in servizio e
assegnato alla Scuola Allievi di Lecce, rifiutò di partecipare agli
addestramenti militari e chiese di poter effettuare un servizio alternativo e
non violento. Pietro Pinna è stato il primo obiettore di
coscienza del nostro paese, il giovane il cui gesto di disobbedienza diede il
via al dibattito in Italia sull'obbligatorietà del servizio militare e sulla
successiva introduzione del servizio civile. È morto il 13 aprile scorso, a
Firenze, dopo una vita passata a lottare per la causa del pacifismo e della non
violenza.
Nato a Finale Ligure nel 1927, di
origine sarda, Pinna viveva a Ferrara quando, alla fine del 1948, fu chiamato
alle armi. Diventato fortemente antimilitarista dopo aver vissuto gli orrori
della Seconda guerra mondiale, e influenzato dal pensiero di Aldo Capitini,
decise di rifiutare di prestare il servizio di leva, passando alla storia come
il primo obiettore di coscienza d'Italia per motivi politici.
Processato per disobbedienza, fu
condannato al carcere una prima volta per dieci mesi, e successivamente per
altri otto. Al processo venne difeso dall'avvocato Bruno Segre, che diventerà
uno dei più famosi difensori italiani nel campo dell'obiezione di coscienza.
Venne infine riformato.
Pinna in seguito divenne uno dei
più stretti collaboratori di Capitini, con cui organizzò la prima Marcia per la
Pace Perugia-Assisi nel 1961, e le tre successive; continuò ad operare nel
Movimento Nonviolento per tutta la vita, diventandone segretario nazionale dal
1968 al 1976. Fu direttore responsabile della rivista Azione nonviolenta fino
alla morte, sopraggiunta il 13 aprile 2016.
Numerose le circostanze che lo
portarono a pagare in prima persona con il carcere le sue scelte nonviolente.
Il 17 gennaio 1973, già segretario del Movimento nonviolento, in seguito ad una
affissione contro la celebrazione delle Forze armate il 4 novembre ("Non
festa ma lutto"), fu arrestato a Perugia e condannato per direttissima per
vilipendio alle Forze armate. In seguito alle manifestazioni avvenute in suo
sostegno in diverse città, venne liberato quattro settimane dopo su istanza di
grazia dell'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Nell'aprile del '79 fu condannato dalla Corte d'Appello di
Trieste ad una pena di 8 mesi di reclusione per blocco stradale, pena che
successivamente gli fu condonata.
Fu tra gli
organizzatori della Marcia Catania-Comiso (24 dicembre 1982 - 3 gennaio 1983)
per protestare contro l'installazione della base missilistica statunitense,
prima azione concreta di lotta nonviolenta contro le installazioni militari in
Italia.
Nel 2008 fu insignito del Premio Nazionale Nonviolenza,
nel 2012 la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pisa gli conferì la
laurea honoris causa in Scienze per la Pace.